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L’anticipazione su Le Parole Le Cose

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L’anticipazione su Nuovi Argomenti 03-08-20

Recensioni:

Silvia è un anagramma è un libro solido e costruttivo, in grado finalmente di avviare un dibattito sempre più necessario: sulla didattica della letteratura e sulla divulgazione della letteratura, sul metodo di ricerca degli studi di genere e sul loro impatto sugli studi letterari, sulla funzione pedagogica della narrazione biografica. Poi è anche un libro divertente, capace di farci sorridere nonostante la pericolosità dei nostri pregiudizi e degli stereotipi con cui siamo cresciuti (soprattutto a scuola). Ne consiglio caldamente la lettura. Simone Giusti

Non mi aspettavo un libro di questo tipo, o meglio, non me l'aspettavo finché non ho cominciato a leggerlo. Allora, tra entusiasmo e sollievo, ho capito che era esattamente ciò che aspettavo. Quanta aria fresca ho sentito circolare nella mia testa e quanta gioia per il sereno coraggio dell’autore. Conosco bene l'arroganza, l'ottusità e la violenza del neutro eterosessuale/patriarcale. Grazie per questo lavoro necessario. Beatrice Manetti

Silvia è un anagramma è un vero "essay", che non si ferma a enunciare una tesi, ma ramifica in mille direzioni del sapere, come a voler lasciare il lettore in una foresta con tanti sentieri, tra cui dovrà scegliere quale prendere, e se ragiona secondo coscienza, prende quello giusto. Io per esempio non sapevo quella dei comunisti che consideravano l'omosessualità una perversione borghese. Quello che capisco, attraverso questo libro, è che gli omosessuali sono stati attaccati, anzi negati, da ogni parte e da sempre. E questo è davvero un abominio. Un libro splendido che rivela tanta sofferenza, la sofferenza di essere celati, invisibili, di non poter sbagliare neanche una mossa, di non poter vivere alla luce del sole. Deve essere una tortura. Un libro "assoluto" nella sua esplorazione conoscitiva: la mia ammirazione è infinita. Stelvio Di Spigno

Silvia è un anagramma è un libro fondamentale e ha un titolo bellissimo. Piergiorgio Paterlini

Silvia è un anagramma è uno dei libri più lucidi che potessero uscire, pronto a rimettere in discussione tanti assunti e ideologie, che hanno portato a una sballata lettura sociologica della letteratura e della biografia degli scrittori, ma anche della storia dei diritti tout court, in Italia. Francesco Ottonello

Che rapporto c’era tra Cavour e il suo giovane stagista? Che cosa lega Pascoli al nonno del movimento lgbt+ europeo Ulrichs? Quale affetto unisce Giuseppe Mazzini e il giovane patriota autore dell’Inno Nazionale, Goffredo Mameli, morto poco più che ventenne difendendo la Repubblica Romana? E ancora, che rapporto esisteva tra Montale e un giovane bellissimo ballerino russo, e tra il vate Gabriele D’Annunzio e un altro giovane danzatore italiano? Sono solo alcune delle domande a cui troverete documentata risposta leggendo “Silvia è un Anagramma”. Un liberatorio squarcio nel grigio velo del “neutro accademico eterosessuale”, un raggio di luce nel nostro panorama storico letterario. Andrea Maccarrone

Una settimana fa è uscito Silvia è un anagramma. Da più parti mi si sollecita a rispondere alle critiche. Certo, potrei farlo, ma non credo che avrebbe senso quando chi critica dimostra palesemente di non possedere una bibliografia aggiornata sui temi inerenti all’orientamento sessuale e agli studi di genere. La triste condizione di molta cultura italiana deriva dal fatto che una numerosa schiera di accademici e letterati rifiuta di mettersi al passo con le ricerche dei loro colleghi operanti nel mondo civile. (Che cosa si intenda per mondo civile, è ben spiegato a p 11 di Silvia è un anagramma). Franco Buffoni

La resistenza a rileggere certi poeti con strumenti nuovi ha dello sconcertante ed è una palese riprova del livello profondissimo di omofobia presente nel tessuto culturale italiano. Ho letto che addirittura qualcuno accusa Buffoni di aver voluto dare voce a ciò che i poeti avrebbero potuto legittimamente voler tacere (!). Ma questo rende il suo lavoro ancora più prezioso. Simone Zaffarani

Anch’io ho letto commenti infiammati, che vanno dagli acritici "Leopardi non si tocca" e "Nemmeno lui voleva parlarne" fino ai sublimanti "La mente è senza genere!", "La poesia è asessuata!" (più raramente "La poesia è pansessuale!"); insomma, la qualsiasi pur di non ammettere gli studi sulla sessualità e di genere nel canone letterario. Con conseguenze nefaste. Per esempio (lo dico avendo ascoltato i diplomandi in sede d'esame) ancora si sente divulgare la visione sempliciona e primitivista che Leopardi era infelice perché aveva studiato troppo. Che tutte queste voci indignate poi non si levino mai e poi mai a denunciare alcuna altra trasandatezza accademica (fingendo che l'eteronormatività non domini le interpretazioni classiche, per esempio, o che la storia letteraria non sia piena di parenti che si sono dati pena di bruciare interi manoscritti e corrispondenze, o che, semplicemente, la sessualità non sia una forza dirompente) mi sembra una spia sufficiente per prendere il loro disturbo per negazione (fosse anche solo negazione dello studio). Renata Morresi

Nel 2019 con Due pub tre poeti e un desiderio e ora con Silvia è un anagramma Franco Buffoni sta facendo un grande lavoro per scrostare anni di polvere accademica da figure letterarie che, nella loro grandezza, non potevano essere comprese venti, e figuriamoci trenta o quaranta anni fa. Personalmente mi batterò sempre per difendere il suo modello di critica - rigorosa ma chiara e godibile, amica del lettore profano e complice di quello esperto - dai colpi di questa nuova orripilante élite del “non esiste la poesia omosessuale, esiste solo la poesia. Certi ‘intellettuali’ mi spaventano più di quelli che non leggono mai un libro”. Paolo Bugliani

Nessuno ha mai trattato questi temi con tanta chiarezza e senza scrupoli moralistici. Maria Pellegrini

Silvia è un anagramma è un libro più che necessario su poesia e gender in Italia: su certe questioni, mi sembra che in Italia viviamo in un universo parallelo. Alberto Comparini

Leopardi primo dei moderni diceva Luperini, e ora grazie a Franco Buffoni la definizione ha un nuovo, veridico sapore. Sebastiano Luca Tata

Nuovamente e da più parti sollecitato a rispondere alle critiche a “Silvia è un anagramma”, sintetizzo qui il mio pensiero. Trent’anni fa, il 17 maggio 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità sancì definitivamente che l’omosessualità è una variante naturale dell’umana sessualità. Quindi: nessuna malattia e di conseguenza nessuna cura o terapia riparativa. Ne consegue che - non esistendo più un modello unico di orientamento sessuale da darsi a priori - si può finalmente accedere con nuovo sguardo anche alla storia della poesia e della letteratura italiana. A tale modello unico, però, buona parte dell’accademia italiana è ancora profondamente legata. Per questo in “Silvia è un anagramma” parlo di una persistente patina di “neutro accademico eterosessuale”. E io non desidero proprio avere l’impressione di discutere di copernicanesimo col cardinale Bellarmino. Franco Buffoni

Silvia è un anagramma offre davvero interessanti prospettive critiche, analisi inedite che aprono la mente, aldilà del "neutro accademico eterosessuale" dominante. Opera coraggiosa, controcorrente e intrigante. Fabrizio Bregoli

Excursus storico esemplare. Mauro Caruso

Che la critica accademica abbia troppo sovente cassato tutto quanto “eccedeva” dal “pensiero dominante” è talmente ovvio da non necessitare alcuna argomentazione: basta conoscere un po’ di cultural studies o postcolonial studies. Né alcuno si è mai chiesto, in quanto appunto “dominante”, se davvero fosse importante interrogarsi su Beatrice: del resto diviene impossibile non farlo per chiunque voglia commentare Dante (che il nome sia omen, figurale o meno). Per Proust è lo stesso: come comprendere criticamente Albertine Simonet se non si è a conoscenza che è anagramma (imperfetto) di Alfred Agostinelli? O come leggere l’Orlando di Woolf senza conoscere la sua liaison con la nobile Vita Sackwille-West? O come interpretare “Le Coup de Grace” di Yourcenar senza sapere che quel “libro che ha su ogni copia il tuo nome” è dettato, anche, dall’incontro con Grace Frick, incontro che chiuderà un’epoca per la scrittrice e che farà di Frick la sua compagna per 42 anni? Analizzare le biografie (dunque anche gli amori degli autori) è un elemento ovvio della critica e della storia della letteratura e resta tale anche quando l’amore è gay/lesbico. Per mero dovere scientifico. Sondare, ipotizzare, mostrare, discutere, porre in rilievo, arricchisce solo il panorama, il confronto e la conoscenza. Eleonora Pinzuti

Mi stupisce che gli accademici italiani, così nostalgici dello storicismo positivista, non arrivino a capire che per studiare l’opera di un artista si debbano ricostruire le condizioni della “normalità” sociale e le possibilità concrete che si aprivano e chiudevano per condurre quell'esistenza (in)felice, che inevitabilmente poi nutre anche i temi della poesia (e più semplicemente precondiziona il rapporto al mondo e all’esperienza). In fondo, il discorso di Buffoni non è così diverso da quello che faceva Dionisotti con Chierici e laici, o Fortini sulla sorella Paolina, o Virginia Woolf sull’ipotetica sorella di Shakespeare. Se poi si parla di poesie d’amore, il problema trascende la storia sociale della letteratura e tocca direttamente la questione del desiderio e della sua espressione formale. Siamo sicuri che il fatto che dietro Albertine si celasse Agostinelli non tolga nulla alla presunta descrizione “universale” di alcune dinamiche del desiderio? Sì e no… Almeno per me, saperlo rende la questione della storicità dei sentimenti più intrigante e complicata. E che i lettori medi di un sito letterario come Le Parole le Cose - che ruba il nome a Foucault - non arrivino a capirlo ha dell’incredibile. Barbara Carnevali

Nell’intervista su Silvia è un anagramma concessa a Rairadio3, Buffoni dice che il libro ha il senso di una giustizia riparativa nei confronti di persone che hanno subito un torto, piuttosto che di un contributo alla comprensione dei testi. E certo è inteso nel senso, assolutamente condivisibile, di una normalizzazione delle reazioni emotive di fronte alla non univocità del desiderio amoroso. Elena Grammann

A differenza della letteratura, la filosofia è una forma discorsiva che in genere pretende di recidere i legami con l’esperienza (e quindi anche con il «supporto empirico» del pensiero, l’individuo che pensa) per attingere verità universali, mentre molti degli scrittori di cui stiamo parlando, a cominciare da Leopardi e da Proust, esibiscono questo supporto dicendo spesso e volentieri «Io». Questo non vuol dire che l’«Io» poetico coincida con quello biografico, anzi, ma per arrivare a definire e separare il primo bisognerà pur esplorare a fondo il rapporto tra i due. E qui torniamo alla rilevanza dell’omosessualità “empirica” per interpretare la poesia d’amore: è di interpretazione, credo, che stiamo parlando, non di semplice godimento nel recitare dei bei versi. Barbara Carnevali

Leopardi, Pascoli e Montale. Tre grandi della letteratura italiana. Tre maestri del verso poetico. Tre sensibilità diversissime. Tre uomini diversissimi. Insomma, tre figure che tutti conosciamo e studiamo a scuola, forse anche all’università. Gli accademici hanno versato fiumi d'inchiostro riguardo alle loro vite e opere. Ma forse è sfuggito loro un piccolo, ma grande, dettaglio… c'è dell'altro che accomuna questi poeti? Franco Buffoni è sicuro di sì e per argomentare la sua tesi ha esaminato scambi epistolari e corrispondenze, diari e annotazioni personali, ha cercato in archivi forse dimenticati e ha aperto vecchi cassetti. Ma, soprattutto, ha letto con occhio attento tra le righe dei loro versi. In “Silvia è un anagramma”, Franco Buffoni cerca di percepire nelle loro poesie ciò che essi, per via della censura a loro richiesta dai tempi in cui vivevano, hanno potuto solamente esprimere per anagrammi, appunto. L'obiettivo della duplice ricerca di Buffoni, biografica e stilistica insieme, è infatti il "fattore O”, la possibilità che l'omosessualità avesse fatto parte della vita e delle opere di questi tre grandi poeti. Possibilità che l'accademia di oggi fatica ancora a prendere in considerazione. Marta Olivi - Nicola Blasio

Credo che Franco Buffoni abbia un grande merito: esprimere, o forse sdoganare, tutto quello che molti pensavano ma non osavano dire per non compromettere le proprie "carriere". Silvio Braini

Franco Buffoni in un’ottica emancipata e senza bigottismi affronta la vita del poeta di Recanati e dice chiaramente quello che era un segreto di Pulcinella e che non ha mai trovato spazio nelle biografie ufficiali e nelle antologie scolastiche. Perché anche se fosse di poca importanza l’elemento autobiografico nel giudizio e nel valore dell’opera di un artista (come vuole una certa scuola, che io non condivido), censura e omissioni sono sempre atti patetici e violenti. E un’offesa all’intelligenza. Massimiliano Jattoni Dall'Asén

Giacomo Leopardi era omosessuale. E amava Antonio Ranieri. C'è voluto il libro di Franco Buffoni, "Silvia è un anagramma", edito da Marcos y Marcos, per restituire la dovuta dignità a una delle colonne portanti della nostra letteratura. Dario Accolla

Conoscere l'identità sessuale di un autore ci aiuta a leggere meglio il contesto psicologico e culturale nel quale si è prodotta l’opera. L'eterosessualità di Foscolo è ben sottolineata nei nostri manuali e insegnata nelle scuole. Sugli autori e le autrici omosessuali invece c'è prudenza e vergogna. Occorre una "messa a sistema". Faccio notare che i cultori dell'irrilevanza della sessualità di Leopardi sono poi le stesse persone per cui l'omosessualità non ne inficerebbe il genio poetico. Evidentemente non è un dettaglio da poco. Serve, ad esempio, da parametro per identificarne l'omofobia. Nel senso etimologico del termine: paura di. E si offendono quando si fa loro notare che sono intrisi di omofobia culturale. Dario Accolla

Un orientamento sessuale da tener nascosto, da vivere come una vergogna e un'infamia in un tempo tutt'altro che pronto ad accettare le diverse sfaccettature della sessualità, non è un dettaglio di poco conto nella comprensione e nell'analisi dell'opera di un poeta! Significa rileggere la sua opera in una chiave di lettura diversa, nella consapevolezza di un tormento interiore, di una castrazione sentimentale ed emotiva. Valeria Milito

La questione omosessuale è presente in tutta la storia dell’arte e della poesia. Nelle scuole e nelle università tale argomento il più delle volte viene solo accennato o appena sorvolato, laddove invece, nell’approcciarsi ad alcuni autori, dovrebbe essere un punto cardine da studiare entro l’ottica della loro esperienza biografica e poetica, per meglio intendere e educare. Ben venga, dunque, questo libro! Dare luce alla letteratura è, soprattutto, dare luce all’espressione umana. Enrico Maria Marcelli

Il lavoro condotto da Buffoni è serio, onesto; il libro scritto in modo avvincente, capace di tenere alta l’attenzione e la curiosità del lettore, anche quando si trattano temi più tecnici (come l’evoluzione delle legislazioni in materia di omosessualità o l’evoluzione della concezione di omosessualità nella società) sa mantenere un ritmo incalzante, senza cedimenti. È quindi un saggio leggibile da parte di chiunque, capace di fare cultura senza scadere nell’ovvietà o nelle semplificazioni indebite. Buffoni possiede un’invidiabile capacità di sintesi: in “Le pastoie del ritmo”, ad esempio, pgg.157-160, condensa in quattro pagine, in modo magistrale – impresa che riuscirebbe a pochi – l’analisi dell’evoluzione delle forme poetiche fra Ottocento e Novecento. Fabrizio Bregoli

Silvia è un anagramma mette innanzitutto in discussione un ritardo educativo italiano. Paura? Sì: scoprire che il sentimento amoroso è lo stesso – quale che sia la nostra identità di genere – disturba, spaventa persino chi fa le antologie. Antonella Cilento

L’assunto ideologico da cui nasce quest’opera di complessa e puntuale documentazione filologica è quello di far comprendere al lettore che l’omosessualità di un autore in un contesto sociale marcatamente omofobico non è una questione di gusto personale, ma la questione centrale della sua esistenza e quindi della sua opera. Claudio Finelli

Daniele Ventre, filologo classico e traduttore in esametri dell’Iliade e dell’Odissea per Mesogea, ha scritto su Facebook: “Una cosa è il voler essere prudenti nei confronti di una tesi storiografica (posizione legittima), altra cosa è lo scatto isterico di certa accademia in vena di rimozione di idee scomode. Comunque la si voglia mettere, questa accademia fa un pessimo servizio al dibattito filologico: nasconde la propria omofobia dietro il ditino "no-no" della pseudo-acribia, troncando sul netto la possibilità di qualunque dibattito civile. In tal modo non falsifica (nel senso epistemologico) la tesi storiografica: semplicemente mina la propria stessa credibilità. E al di là dell'idea che si abbia delle "carte" (in senso storico-filologico), e dell'impressione che si abbia dei fatti (in senso vichiano), Silvia è un anagramma ha perlomeno il merito di portare la luce in una sentina di polvere facendo scappare i topi e le loro potenziali falsificazioni critiche, effetto che pochi libri di filologia modernistica e antichistica possono vantare di produrre. E scusate se è poco, come si suol dire in simili circostanze. Fra l'altro sarebbe interessante capire come si regola quella accademia di cui parliamo, quando si confronta con l'eros paidico di Saffo, Alceo, Solone, le discussioni dei critici antichi sul rapporto Patroclo e Achille, sul rapporto Efestione Alessandro, sul Giovenzio di Catullo, su Orazio, sul Marato di Tibullo, su Adriano, su Traiano... Con la musa puerilis (non pedofila) di Gregorio Nazianzeno, su Bondie Dietaiuti, sugli epigrammi del Panormita... Io peraltro ricorderei la ferocia di Ranuccio Bianchi Bandinelli su Joachim Winckelmann... “. Daniele Ventre

Per secoli, fino a De Sanctis, Croce e oltre i critici hanno evitato, annacquato o provato a nascondere i sonetti di Michelangelo. Invece gli scrittori-critici di ogni epoca (da Varchi a Baretti, da Foscolo a Stendhal, da Montale a Mann, da Wordsworth a Gadda) li leggevano, imitavano, traducevano. Che cosa voglio dire? Che certi oneri/onori spettano agli scrittori-critici. Che poi, i loro, sono gli unici testi di critica che si leggono anche a secoli di distanza: pensiamo al Dr Johnson o, al già nominato, Baretti; chi leggerà ancora, secondo voi, tra cinquant’anni il Caio o Sempronio critico-critico? Gandolfo Cascio

Silvia è un anagramma di Franco Buffoni è un libro molto bello. Non solo su Leopardi. Il vero tema è l’omofobia omertosa e inveterata della critica letteraria accademica. Oserei dire che è un libro pedagogico, nel senso più alto. Con tanta evidenza che solo gli occhialuti codini dell’accademia lo ignorano... parola di leopardista. Enzo Mansueto

Negare l’evidenza dell’amore di Leopardi per Ranieri significa aderire a un modello sociale che non prevede il legame omoaffettivo e ne reitera la censura. Claudio Finelli

Tra i testi di saggistica queer di Franco Buffoni, Due pub tre poeti e un desiderio per la critica italiana era certo disturbante, ma in Silvia è un anagramma si parla di miti di casa, e dunque il nervo è più scoperto. Il capitolo su Pascoli è stato per me utile perché rende più leggibile, immediato, e anche attuale, il Gelsomino notturno, illuminando l'omoerotismo di Pascoli: cosa particolarmente delicata, non essendoci lettere esplicite come con Leopardi, né uno sviluppo documentato nella poesia e nell'atteggiamento umano come nel caso di Montale. Mi pare che Pascoli emerga come il case study italiano per indagare le dinamiche ambigue e crepuscolari di una vera e propria epistemology of the closet: represso, prima di una possibile espressione. Ma il libro è bello anche perché divaga e divagando integra. Oltre alla discussione sui tre pilastri Leopardi Pascoli e Montale, sono bellissime le incursioni sui personaggi laterali, da Mazzini a Cavour a Settembrini, che ricostruiscono un contesto italiano in cui l'omosessualità è storicamente presente. Ho adorato anche la messa in rilievo dei possibili collegamenti con Ulrichs, tanto più affascinanti perché così labili; ho appreso della legione Alaude, dei Galli con l' "alouette" che spuntava dagli elmi… Trovo lodevole il puntare di Buffoni più sulla capacità di comprensione e di crescita di un liceale aperto e curioso che sulla capacità di autocritica della sclerotica accademia italiana. Luca Baldoni

Proviamo a procedere per sostituzioni: “Non importa che Primo Levi fosse ebreo e ciò non rende meno importanti le sue opere”. O ancora: “Non importa che Emily Dickinson fosse donna e ciò non toglie valore alla sua poesia”. Saremmo accusati, e giustamente, di antisemitismo o di sessismo. Certa accademia italiana, ignorante in materia di studi di genere, non comprende la gravità di certe affermazioni. E continua a rapportarsi con imbarazzo di fronte all’orientamento sessuale – almeno quello “non conforme” – di autori e (poche) autrici. Omofobo e maschilista: questo il paradigma che ha formato e continua a formare centinaia di migliaia di adolescenti e di insegnanti, nel nostro Paese. Dario Accolla

Leopardi è solo uno dei personaggi della letteratura trattati in questo libro. Che è anche una sintesi culturale e un manuale per chi voglia avere una visione ampia di decenni di letteratura e di storia del modo di considerare gli omosessuali nel nostro Paese. Da consigliare caldamente anche ai più giovani. Nicola D’alviano

Silvia è un anagramma rappresenta un punto di partenza per una diversa prospettiva della critica letteraria, tipica dei Gender Studies nei paesi anglosassoni, e ancora rara in Italia, che tenga conto di una riconfigurazione delle poetiche di determinati artisti, riletta alla luce del loro reale orientamento sessuale. Già nel 2012 il volume Verso una storia di genere della letteratura italiana. Percorsi critici e gender studies (a cura di Virginia Cox e Chiara Ferrari) aveva avviato un proficuo dialogo tra studi di genere e letteratura italiana; le curatrici denunciavano “la nascita relativamente tardiva di questa tradizione di studio all’interno degli Italian Studies, a danno del settore disciplinare”. Il libro di Buffoni prosegue su questa direttrice, declinandola secondo una nuova prospettiva. Sebbene a partire dal 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia sancito che l’omosessualità è una variante “naturale” della sessualità umana, per molti decenni la critica letteraria italiana ha deliberatamente sottaciuto (per non dire censurato) quello che appariva più o meno evidente. Lo scopo di Buffoni è dunque di offrire un’inedita indagine ermeneutica delle opere di Leopardi, Pascoli e Montale, all’interno della quale l’omosessualità (latente, sottaciuta, mascherata o trasfigurata) diviene un elemento fondante della stessa poetica. Saverio Tomaiuolo

"Silvia è un anagramma" è un libro di enorme bellezza, luminosissima intelligenza, vastissime umanità e cultura. Ho letto critiche anche pesanti a questo libro, ma dopo averlo letto posso dire che certe prese di posizione contro quest'opera sono infondate, quando non in cattiva fede. Non perché un libro debba piacere e convincere per forza, ma perché qui dentro tutto è ragionato, documentato, con l'amore e la passione laica che sempre contraddistingue la saggistica di Buffoni. Mi piace questo libro, perché áncora la vita ai testi e diventa testimonianza, non supposizione. Io vorrei dirgli grazie, mille volte per questo gioiello. Giorgio Ghiotti

Consiglio vivamente l'ultimo libro di Franco Buffoni "Silvia è un anagramma". Con saggezza, un pizzico di arrabbiatura e una valanga di citazioni colte ma non pedanti, il libro smonta tutte le tesi astruse che sono state costruite negli anni su Leopardi, Pascoli, Montale e tanti altri. Non per il gusto del "gossip culturale" ma per l'opera meritoria di smantellare menzogne e infingimenti che la negazione dell'omosessualità ha creato nel corso degli anni. Ed anche la sola esclusione di questa ipotesi produce. Leggetelo, fatelo leggere e citatelo. Ne vale la pena.
Magari vi avvicina un poco ad uno dei grandi della poesia contemporanea italiana .... Enzo Cucco Tosco

Penso alla preclusione che dantisti insigni per decenni hanno avuto nei confronti delle fonti arabo-islamiche della Commedia. Vedo questa analogia: lo studioso ha una visione preconcetta, stereotipata, idealizzata dell'autore che studia (etero, occidentale, "puro" ecc.) e su quella base preconcetta rifiuta apriori ogni ipotesi a lui non congeniale. Un atteggiamento ideologico e antiscientifico! Edoardo Crisafulli

Ripenso al dibattito su "Silvia è un anagramma" (Marcos y Marcos 2020) di Franco Buffoni, un libro che a mio avviso dai più non è stato colto pienamente nel suo intento e significato più profondi, ovvero rimettere in discussione dalle basi un modo di pensare al mondo letterario e alla storia attraverso delle lenti focali uniche, eterosessiste, inadatte a cogliere l’alterità di genere e sessualità rispetto a quella che a lungo è stata la Norma. Ci ripenso quando leggo pezzi critici, come quello a cura di Roberto Barzanti, uscito il 25 ottobre su «Alias» (supplemento domenicale di «il manifesto»), che ci parla del libro non dando l’impressione di essersi soffermato sulla sua interezza, non cogliendone il nucleo fondante. "Silvia è un anagramma" non è un saggio accademico di critica testuale, ma un saggio con elementi di docu-fiction e dal taglio polemico-rivendicativo. Come in ogni lavoro in qualche modo innovativo, possono segnalarsi delle criticità, ma queste andrebbero evidenziate a seguito di un rinnovamento bibliografico su quelli che sono i Gender e soprattutto i Sexual Studies applicati alla letteratura, che non sono una teoria unica, come molti ingenuamente credono, ma un campo di studi totalmente in movimento e con diverse posizioni critiche, anche contrastanti tra loro (penso in Italia, ad esempio, agli originali studi di Federico Zappino come "Comunismo queer. Note per una sovversione dell’eterosessualità"). Francesco Ottonello

Sono molti giorni che penso a una replica a Barzanti (Alias 25-10-20) che sia valida come invito a pensare alla costellazione dei Gender Studies come discipline serie: purtroppo abbiamo perso quel treno anni fa e ora ne paghiamo le conseguenze. Persino studiosi attenti commentano spazientiti con un "ma cosa c'entra? Silvia è universale ecc ecc". Gente che si spella le mani a cercare di scoprire una variante sui manoscritti come se valesse un lingotto d'oro, dice che in fondo non ci frega niente quale fosse il mondo dei desideri, delle allusioni e dei tabù di un autore…”. Renata Morresi

Fare chiarezza non basta, se le informazioni continuano a essere offuscate a monte. Alla fine anche l’insegnamento e la scuola dovranno adeguarsi alla verità per quella che è. Ecco perché una delle battaglie che si preannunciano per il futuro riguarderà la necessaria inclusione di libri come Silvia è un anagramma nelle bibliografie dei manuali scolastici e universitari. Andrea Carria

Chi si oppone alla lettura di Buffoni, fingendo che la questione non esista, non fa altro che posizionare l’identità sessuale (di genere e di orientamento) nel novero delle cose di cui è meglio non parlare perché sgradite e sgradevoli. E gli studi di genere denunciano proprio quest’abuso. Buffoni ha tolto il velo dell’ipocrisia. Sotto quel velo, chi si vede scoperto, ha cominciato a far molto rumore. Io rifletterei, in primis, su questo. Dario Accolla

Silvia è un anagramma è un libro necessario, vero, documentato, imprescindibile. Ciò che l’autore scrive di Leopardi è frutto di ricerca appassionata e mi pare di un'evidenza indiscutibile. Parole ed espressioni d'amore di quella portata avrebbero subito conquistato ogni lettore, se fossero state rivolte a una donna, mentre fino ad oggi hanno dovuto subire l'onta della negazione. Zelda Zanobini

Restituire a una biografia la pienezza della sua verità ha più di un significato: un dovere di giustizia in primis; la possibilità di leggere e di interpretare la produzione di un artista nella sua autentica complessità; e infine consentire a chi legge di riconoscere le proprie e le altrui gabbie e di evolvere, abbattendo il più possibile pregiudizi e censure. Questo fa “Silvia è un anagramma”: mette in luce quanto, nella trasmissione ufficiale di alcune celebri biografie, è stato - ed è ancora - omesso, taciuto, volutamente travisato. Ma non solo: rivisita i passaggi fondamentali che hanno causato e favorito questa rimozione culturale del “Fattore O”. E nel chiarire, chiama a una presa di coscienza. Senza clamori, con la sola forza della verità dei fatti. Simone Zafferani

Sul versante opposto rispetto a Goffredo Parise (“un poeta è in primis ciò che è la sua sessualità”) ci sono quelli che paternalisticamente mi spiegano che per loro l’identità sessuale di un poeta non è assolutamente rilevante. Quindi: gente che passa la vita a cercare di scoprire una variante sui manoscritti, mi dice che in fondo non importa nulla conoscere quale fosse il mondo dei desideri, delle allusioni e dei tabù di un autore! Rispondo: vergogna, ipocriti! Così intrisi di omofobia culturale da non rendervene nemmeno conto. Franco Buffoni

In particolar modo ho apprezzato la coraggiosa proposta critica di Silvia è un anagramma, e non solo in riferimento alla trattazione relativa a Leopardi, che ha suscitato qualche morbosa e deprimente polemica, ma tutto il corredo storico-documentale che apre davvero nuovi orizzonti ermeneutici. Simone Sibilio

Silvia è un anagramma è un libro grandioso. Potente e chirurgico, scritto in maniera trascinante e impeccabile, purissimo ossigeno. Hai fatto più tu nel campo dell'italianistica con un solo libro che decine e decine di italianisti - sedicenti tali - con decine di inutili libri. Chapeau! Flavio Santi

Ho sempre intuito che la scuola non ci fa capire la verità, imponendoci interpretazioni monche o false. Martino Malgesini

“Continuiamo a studiare la letteratura italiana come l’ha insegnata De Sanctis, e non come dovrebbe essere insegnata oggi… Per esempio come la insegna Franco Buffoni in Silvia è un anagramma, un libro straordinario, dove finalmente si dicono una serie di verità. Quando parlo del libro di Buffoni con dei colleghi o anche con gli studenti, mi sento rispondere: “Sì, ma che cosa cambia nella ricezione dell’opera sapere che Leopardi era gay? I fatti privati della vita privata di Leopardi che cosa importano?” Una obiezione alla quale a mia volta replico: “Se non cambia nulla, perché non dirlo? Perché dover mentire? Perché fingere un Leopardi eterosessuale, quando Leopardi eterosessuale non lo era?” Federico Sanguineti, Ancona Festival Punta Lingua luglio 2021

Fondamentale oggi, assolutamente da leggere e rileggere a scuola, il capolavoro di Franco Buffoni, “Silvia è un anagramma”, Marcos y Marcos editore, 2020. Senza alcun dubbio il più bel libro che sia stato mai scritto su Leopardi, in assoluto. Federico Sanguineti Facebook 24-09-2023